Un meccanismo ritenuto centrale per spiegare gli effetti benefici della meditazione di consapevolezza è il miglioramento della regolazione delle emozioni.
I protocolli di mindfulness insegnano ad osservare gli stati emotivi come fenomeni transitori a cui si può rispondere in modo non reattivo e compassionevole. Dopo i training una delle conseguenze osservate è quella di una maggiore regolazione dell’impulsività emotiva, cioè la riduzione della tendenza all’azione in seguito al comparire di un’emozione. Questo benefico effetto rende la coltivazione delle abilità di mindfulness particolarmente utile nella terapia dei disturbi di personalità borderline.
Il miglioramento della regolazione emotiva (riduzione dell’interferenza emozionale dovuta ad uno stimolo spiacevole, riduzione della reattività fisiologica, ritorno più rapido ad un livello emotivo basale dopo uno stressor, e riduzione soggettiva delle difficoltà emotive con miglioramento dell’umore) è stato studiato utilizzando vari approcci: studi sperimentali, autovalutazioni, studi fisiologici e studi di neuroimaging.
Meccanismi neurali del miglioramento della regolazione emotiva
Anche se non sappiamo ancora se la modificazione delle strutture coinvolte nella regolazione delle emozioni sia la base neurale degli effetti benefici della mindfulness, tuttavia vale la pena riassumere i risultati degli studi sull’argomento.
Gli studi di neuroimaging vengono condotti sottoponendo immagini, parole o frasi emotivamente rilevanti a soggetti in stato di consapevolezza e a soggetti in stato basale. L’ipotesi di queste ricerche è che ci sia un rafforzamento del meccanismo di controllo cognitivo prefrontale che downregola le strutture coinvolte nel processamento affettivo, come l’amigdala, quindi un meccanismo top-down.
Gli studi hanno prodotto risultati diversi a seconda che considerassero meditatori inesperti o meditatori di lunga data; nei primi si è osservata una riduzione dell’attivazione dell’amigdala, e un aumento dell’attivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale, dorsomediale e ventromediale, ad indicare una riduzione dell’arousal emotivo di natura top-down. Nei secondi, viceversa, si è rilevata una riduzione dell’attivtà della corteccia prefrontale, interpretabile come un ridotto controllo e valutazione, e una maggiore accettazione degli stati affettivi.
Per quanto riguarda gli studi sul dolore, nei meditatori inesperti si osserva una attivazione delle aree coinvolte nella regolazione cognitiva del processamento nocicettivo (cingolato anteriore e insula anteriore) e in quelle coinvolte nella rivalutazione degli stimoli (corteccia orbitofrontale) mentre nella corteccia somatosensoriale si riduce l’attivazione. In questi soggetti quindi vi è una regolazione attiva cognitiva che riflette il controllo attentivo e lo sforzo mentale per raggiungere lo stato meditativo: la corteccia prefrontale e parietale sono più attivate rispetto ai non meditanti. Nei meditatori esperti, invece, si rileva una ipoattivazione nella corteccia prefrontale dorsolaterale e ventrolaterale e un incremento di attivazione delle strutture primarie coinvolte nel processamento del dolore (insula, corteccia somatosensoriale e talamo). Questi soggetti non hanno più bisogno di usare il controllo prefrontale: l’atteggiamento accettante dell’esperienza non necessita più del controllo top-down, ma piuttosto c’è un aumentata regolazione bottom-top, in cui la corteccia prefrontale e parietale sono ipoattive ma il cingolato anteriore l’insula e lo striato si mantengono attivi.
Altri studi si sono occupati della connettività del network fronto-limbico, i cui risultati suggeriscono un disaccoppiamento tra zone cerebrali coinvolte nel dolore e nel craving per il fumo di sigaretta, mentre un incremento della connessione tra zone frontali ed amigdala è stato trovato dopo interventi di mindfulness in soggetti ansiosi. Questi soggetti riportavano un miglioramento soggettivo dell’ansia; si può così ipotizzare che la mindfulness produca un incremento del monitoraggio dell’arousal, piuttosto che una soppressione delle risposte emotive.
Riguardo alla funzione della mindfulness nell’apprendimento di strategie di regolazione delle emozioni è stato proposto un meccanismo di estinzione, come accade nella psicoterapia di esposizione di tradizione comportamentale.
Infine, sono state rilevate modificazioni dell’attività neurale nelle strutture legate alla motivazione e alla ricompensa, il caudato-putamen, nel senso di una ridotta suscettibilità agli incentivi positivi e di un aumento dell’attività legata alla ricompensa durante il riposo.
Fonte:
Tang e coll. The neuroscience of mindfulness meditation. Nature reviews.Neuroscience. 2015,16: 213-225 doi:10.1038/nrn3916
scritto da Alessandra Benedetti